Natura morta con vecchia scarpa - Joan Mirò- 1937Nato a Barcellona il 20 Aprile del 1893, Joan Mirò è considerato una delle personalità di maggiore spicco del Surrealismo, di cui incarna l’ala più astratta. Discostandosi in parte da quei tratti surrealistici che connotano le opere dei colleghi Salvador Dalì e Max Ernst, le opere mature di Joan Mirò si caratterizzano per il ricorso a immagini fantasiose, surreali ed umoristiche contorte tanto nei tratti che nel significato ed inserite in colorate forme schematiche e piatte dagli sfondi geometrici. Nella pittura surrealista è possibile infatti distinguere due filoni:
- la pittura surrealista “verista” che trova espressione nelle opere di Salvador Dalì e René Magrette. Entrambi rappresentano oggetti del mondo reale, acconstandoli in modo del tutto nuovo e sorprendente e inserendoli in un contesti inusuali. Ciò che suscitano nell’osservatore è confusione e ambiguità, poichè le opere risultano cosi assurde da risultar impossibile leggerle ed interpretarle secondo i classici criteri d’osservazione.
- la pittura surrealista “non figurativa” è la tendenza incarnata da Juan Mirò che privilegia nelle sue opere simboli e segni, linee e colori che sembrano fluttuare sulla tela e in una dimensione immaginaria.
Le prime opere di Joan Miró sono strettamente legate alla terra e alle tradizioni catalane. A partire dal 1918 Miró imprime una svolta al proprio stile pittorico semplificando le forme e attenzionandosi ai dettagli. Verso la metà degli anni '20 Miró è inserito nella corrente surrealista.
Le immagini si caricano di forti allusioni simboliche e le opere iniziano a pullulare di segni ambigui e rappresentazioni semplicficate ed ironiche di personaggi, animali o cose.
Quando, a causa della guerra civile spagnola, Mirò si rende conto che non può far ritorno in patria decide di rifugiarsi in un piccolo appartamento francese per dedicarsi al tema della natura morta.
L’opera Natura morta con scarpa vecchia (1937) risale proprio al periodo in cui vede minacciati i valori di libertà e pace, periodo in cui si assiste ad una regressione verso uno stile realistico altamente drammatico. Quest’opera riproduce la sensazione di angoscia, di dolore e paura che vive la Spagna durante la guerra civile. Il rapporto di luce e tenebra, che emerge dalla scelta di oggetti dai colori accesi quasi incandescenti stagliati su uno sfondo in cui prevale una luce notturna irreale e opprimente, denuncia il disagio in cui vive Mirò. Egli realizza una divisione cromatica delle superfici in cui i colori sembrano invadere spazi sempre maggiori, fino a diventare macchie fantasmagoriche gialle, nere, verdi e rosse.
Mirò sceglie la quotidianità come interprete della drammaticità, vivendo un ritorno ai suoi dipinti giovanili: gli oggetti scelti sono semplici ed egli li dipinge senza violarne la naturale semplicità. Egli però connota questi oggetti di una forte carica simbolica e ciò appare evidente nella dimensione della scarpa che diventa smisurata, cosi come la forchetta che, infilzando una patata in modo brusco, da utensile da cucina si trasforma in strumento di tortura. La forchetta allude al massacro causato dalla guerra sfruttando semplici strumenti come gli utensili da cucina e quelli agricoli, mentre la patata simboleggia il popolo aggredito, ferito e ucciso. La patata in alto a destra appare tagliata e quindi è un chiaro riferimento alle morti e alle mutilazioni di giovani, vecchi, donne e bambini provocati dalla guerra.
La scarpa, affossata a terra, rappresenta qualcosa che opprime, poichè la punta appare rialzata come se il tacco fosse ben fissato a terra: questo rappresenta l’angoscia di fronte alla morte che non rispetta nessuno e non risparmia nè repressi e nè repressori . La bottiglia sembra far da vigilante a tutta la scena e proprio da essa sembran saltar fuori gnomi, figure irreali che contemplano, sogghignando, l’ingiusta crudeltà in cui è sprofondata e che sta subendo l’intera nazione.
- la pittura surrealista “verista” che trova espressione nelle opere di Salvador Dalì e René Magrette. Entrambi rappresentano oggetti del mondo reale, acconstandoli in modo del tutto nuovo e sorprendente e inserendoli in un contesti inusuali. Ciò che suscitano nell’osservatore è confusione e ambiguità, poichè le opere risultano cosi assurde da risultar impossibile leggerle ed interpretarle secondo i classici criteri d’osservazione.
- la pittura surrealista “non figurativa” è la tendenza incarnata da Juan Mirò che privilegia nelle sue opere simboli e segni, linee e colori che sembrano fluttuare sulla tela e in una dimensione immaginaria.
Le prime opere di Joan Miró sono strettamente legate alla terra e alle tradizioni catalane. A partire dal 1918 Miró imprime una svolta al proprio stile pittorico semplificando le forme e attenzionandosi ai dettagli. Verso la metà degli anni '20 Miró è inserito nella corrente surrealista.
Le immagini si caricano di forti allusioni simboliche e le opere iniziano a pullulare di segni ambigui e rappresentazioni semplicficate ed ironiche di personaggi, animali o cose.
Quando, a causa della guerra civile spagnola, Mirò si rende conto che non può far ritorno in patria decide di rifugiarsi in un piccolo appartamento francese per dedicarsi al tema della natura morta.
L’opera Natura morta con scarpa vecchia (1937) risale proprio al periodo in cui vede minacciati i valori di libertà e pace, periodo in cui si assiste ad una regressione verso uno stile realistico altamente drammatico. Quest’opera riproduce la sensazione di angoscia, di dolore e paura che vive la Spagna durante la guerra civile. Il rapporto di luce e tenebra, che emerge dalla scelta di oggetti dai colori accesi quasi incandescenti stagliati su uno sfondo in cui prevale una luce notturna irreale e opprimente, denuncia il disagio in cui vive Mirò. Egli realizza una divisione cromatica delle superfici in cui i colori sembrano invadere spazi sempre maggiori, fino a diventare macchie fantasmagoriche gialle, nere, verdi e rosse.
Mirò sceglie la quotidianità come interprete della drammaticità, vivendo un ritorno ai suoi dipinti giovanili: gli oggetti scelti sono semplici ed egli li dipinge senza violarne la naturale semplicità. Egli però connota questi oggetti di una forte carica simbolica e ciò appare evidente nella dimensione della scarpa che diventa smisurata, cosi come la forchetta che, infilzando una patata in modo brusco, da utensile da cucina si trasforma in strumento di tortura. La forchetta allude al massacro causato dalla guerra sfruttando semplici strumenti come gli utensili da cucina e quelli agricoli, mentre la patata simboleggia il popolo aggredito, ferito e ucciso. La patata in alto a destra appare tagliata e quindi è un chiaro riferimento alle morti e alle mutilazioni di giovani, vecchi, donne e bambini provocati dalla guerra.
La scarpa, affossata a terra, rappresenta qualcosa che opprime, poichè la punta appare rialzata come se il tacco fosse ben fissato a terra: questo rappresenta l’angoscia di fronte alla morte che non rispetta nessuno e non risparmia nè repressi e nè repressori . La bottiglia sembra far da vigilante a tutta la scena e proprio da essa sembran saltar fuori gnomi, figure irreali che contemplano, sogghignando, l’ingiusta crudeltà in cui è sprofondata e che sta subendo l’intera nazione.
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