Bike(II) of H.R.P.S

Parte 2 di 2

L'indomani mi svegliai, rimbambinito, la saliva stagnata stordiva il mio senso d'udito...caffé, tabacco e subito m'innescai, la vita ricomincia, come ogni mattina, ed oggi era il mio primo giorno d'università, riposato ben benino, ormai alterati i ritmi liceali, mi vesto e pronto parto per andare in facoltà.
Via Zamboni è fantastica, piena di colori.. con i portici enormi che s’intonano a ritmi vecchi quasi medievali, appestati da innumerevoli annunci di tipo affittasi doppia o posto letto, vendesi storia moderna o chissà poi quant'altro di annunci tutti rigorosamente fotocopiati ed appiccicaticci l'un sull'altro con nastro adesivo, svolazzanti con un fruscio tipo coriandolo al vento...
via Zamboni è a Bologna il centro universitario dove hanno sede tutte le maggiori facoltà, assordata da un viavai incessante di persone, universitari per la maggiore che chiacchierano che di fretta passano ed in mezzo a questo tumulto d'improvviso sento una voce diretta a me:

- Fumo? -

mi volto e mi ritrovo d'avanti una figura con un volto ossuto ed una bici per le mani

-No grazie! -
- Bici? -

ho appena il tempo di pensare ai tossici di cui mi parlò Tore che subito gli risposi:

- Quanto vuoi? -
- Venti euro. -

Gli risposi di no e subito si dileguò dalla mia vista, rimasi perplesso, venti euro, quasi quanto una giornata di lavoro, quasi quasi mi metto a rubare bici pure io, invece di trovarmi un lavoro come tutti...ma nel mentre che camminando pensavo a tutto ciò una bici sola ed incustodita mi si presenta davanti gl'occhi... la squadro da cima a fondo e subito s'innescano in me certi illegali pensieri, mi guardo attorno nessuno mi vede, indaffarati per come sono, ed io come se la bici già fosse mia salgo in sella e sgommo via, sento un urlo:

- La mia bici al ladro -

mi volto, una figura mi insegue, al ladro, al ladro, non posso farmi beccare, accelero, la pedalata aumenta, l'adrenalina pure, mi giro di nuovo, mi rincorre, al ladro, non posso fermarmi adesso, ormai è fatta, mi rigiro la figura s'allontana, poverino non puoi rincorrermi a lungo, già si vede che sei stanco, hai il fiatone, non lo vedo più, l'ho perso, ce l'ho fatta.
Le vie di Bologna in bici sembravano diverse, scorrevano veloci come in un film, i suoni distorti si confondevano tra loro, clacson scornacchiati mescolati al mio drin, che di tanto in tanto mi dilettavo a far suonare, forse era quella l’unica cosa che desideravo da una bici il suo fantastico campanellino, suonava una musica dolce come un vecchio ricordo del passato, un carillon di altri tempi con quelle ballerine che saltavano fuori appena li apri, ed io ad ogni passante rimandavo ad ascoltarmi confrontandolo con quelli assordarti e quasi stupidi delle mobili e ciclomotori.
Arrivai presto sotto casa felice come un bimbo a cui hanno regalato un nuovo gioco suonai il citofono e Arso aprendomi capendo al volo la mia contentezza appena arrivai su mi disse:

Cos’è successo perché sei così felice? -
Scendiamo - gli dissi - ti faccio vedere una cosa.. –

Contenti per il buon risultato io e Arso concludemmo che non era ancora finita.
Bisognava, intanto un’altra bici e poi dei catenacci, ma non solo, dovevamo colorare la bici, se poi la riconoscevano?
Presto fatto, passarono un paio di giorni ed eravamo bene attrezzati rubammo altre due bici, cosi che la terza restava incatenata sotto casa in caso d’emergenza. Io ed Arso diventammo specialisti nel rubar bici, riuscivamo pure a trafugare bici piene di catenacci, conoscevamo ogni trucco, c’erano i catenacci di plastica, quelli bastava fare un po' di pressione che subito cedevano inermi con un crack tipo scarafaggio pestato, altri invece necessitavano dell’intervento di una tronchese oppure di un seghetto ma questi erano lavoretti un po’ delicati che richiedevano più tempo.

Eravamo entrati ben bene nel giro, sì anche le bici facevano parte del giro, era forse come valvola da sfogo, ti faceva sentire uguali, t’illudeva l’esistenza di un bene comune, intercambiabile, illegale, anche se poi legato a vincolo da catenacci.
“io ti sono estranea e incomprensibile” diceva anche a me, “ciò che una città italiana è diventata – sia bene o sia male – è qui accettato, assimilato, codificato.”
Ciao Bologna città consumista e comunista.