Bike(I) of H.R.P.S

Parte 1 di 2.

Le prime cose che ricordo del mio arrivo a Bologna, oltre all'assordanti fischi dei freni dei treni, sono quelle piastrelle colorate che tappezzano vivaci il sottopassaggio della stazione ferroviaria con la loro piatta superficie piana in rilievo sulle fughe.
Carichi come muli io e Arso scesi dal treno respiravamo di già quell’aria libertina, liberi ormai da quella pubertà che a rigor sociale ti trattiene sino agli anni della maturità.

- ce l’ abbiamo fatta -
disse Arso
- si! -

Orgogliosi c’apprestavamo quindi, verso uno di quei box fotografici per foto-tessere.
Li fermammo quell’espressione di piena soddisfazione, in quattro minute foto di cartoncino ad uso di quella famigerata iscrizione universitaria, tanto desiderata. Ci sentivamo al centro dell’universo.
Usciti dal sottopassaggio, ingombri dai pesanti pacchi-familiari, provviste biologiche per l’arduo inverno che poi sarebbero durati solo un paio di settimane, una luce sgargiante illuminava i gialli palazzi della stazione, l’orologio fermo alle 10.25, memoriale ricordo d’un triste evento, e quelle innumerevoli biciclette piantate a catena lì su quella semi-ringhiera a ferro di cavallo che delimita la piazzola d’attesa per i bus. Cataste su cataste di bici tutte ragionevolmente di vecchio stampo: Grazielle stonate, Atala increspate, strane Pininfarina crocchianti.

- Arso hai visto quante bici.. ma che ne faranno.. -
- Bhè si vede che quassù girano in bici… -

Il clacson dell’autobus subito ci distolse da questi pensieri …spufff si aprì la bussola, Arso ed io salimmo decisi a raggiungere la nostra nuova casa.

La casa era grande ed accogliente.. io e Arso dormivamo insieme in una doppia, in casa convivevamo con due all’apparenza seriosi foggiani (io mi dilettavo nel chiamarli foggiesi).
L’approccio fu dei migliori, trovammo un gruppetto di amici chiacchieranti con una bella bottiglia di mirto sardo e ancor prima che ci presentassimo le mie orecchie già gustavano l’odorosa qualità di quelle felici chiacchiere e risatine…

- piacere ragazzi, siamo i nuovi inquilini… -
- Piacere Luca e Tore – e via via tutti gli altri componenti del gruppo.

Finite le presentazioni e i soliti convenevoli andammo a sistemarci nella stanza: scelta dei letti, degli armadi, divisione degli scompartimenti, tutto il necessario e presto passarono due ore, Arso già smaniava d’uscire:

- Bhè che facciamo? Andiamo a fare un giro? -
- vabbè andiamo.. -

Via Saragozza era splendida, l’unica via di Bologna che fuori porta continuava con quei portici sopra ai marciapiedi pedonali, con tutte quelle luci aranciastre sembrava una via antica sul tramonto, se non fosse stato per quel chiasso di auto che insistentemente sfrecciavano a due passi dai portici.
Io e Arso arrivammo presto a porta Saragozza, le vecchi cinte murarie che oggi delimitano il centro antico di Bologna dalla nuova periferia, e appresso a noi sui viali le macchine incuranti continuavano prepotenti a sfilarci, solo l’avviso del semaforo ci rincuorò, tiin, tiin, era il segnale, il rosso gentile si apprestava a interrompere quel flusso di mobili, attraversammo la strada, e li in mezzo d’improvviso sentimmo uno strano suono: driiinn, driiinn, un vecchio campanello di dietro ci chiedeva strada, ci voltammo e una Graziella vicina ci sfrecciò veloce, subito Arso incominciò a imprecare:

- Deficiente, ma chi te l’ha insegnata l’educazione un porco! -

Dentro le vecchie mura, le stradine erano tutte incorniciate dai vecchi portici protesi a protezione dalle intemperie del tempo affinché i marciapiedi siano sempre riparati:

- Ma qui si può uscire anche senza l’ombrello? Tanto non ti bagni. -

Arso puntualizzò.
La cosa che però mi colpì seriamente erano quelle dannate biciclette, c’erano bici dappertutto con catene e catenacci d’ogni sorta e forma di norma legate ad ogni minimo appiglio e tutt’attorno campanelli di vari timbri su ruote di bici disossate e spennate d’ogni grazia, di macchine in centro se ne sentivano pochissime, eravamo fuori dal tempo solo i clacson dei motorini di tanto in tanto ti riportavano al giorno d’oggi, era un illusione, ahimé, perchè usciti da una stradina ci ritrovammo appenappena un bus che col suo solito fischio s’apprestava ad aprire i portelli.. come un palloncino che pian piano si sgonfia le bussole aperte riversavano per strada un pandemonio di gravi e acuti stridi, gente che martellava sui gradini ferrosi del bus, suonerie strambe di cellulari e come di consueto si udì il solito driiinn, mi voltai e feci appena in tempo ad evitare due bici

- Arso - dissi - dobbiamo procurarci delle biciclette … è meglio essere predoni che pedoni -
- Hai ragione – mi rispose seguitando con una risata un po’ triste continuò – si ma chissà quanto costa… -

Tornati a casa il mio primo pensiero fu rivolto alla bici.. andai da Tore

- Scusa Tore.. sai per caso dov’è che vendono delle bici.. e soprattutto quanto costano…? -

Tore rise di me..

- Senti, qua a Bo le bici non s’accattano - puntualizzò
- Come non si comprano ? … in che senso? –
- Ma dimmi, lo vedi che le bici che ci stanno in giro o so brutte o so sfasciate? –
- Si… e allora? –
- Bé te l’ha procurare…l'à fottere! -

quasi stordito gli risposi:

- Come? Ma chi l'ha rubata mai una bici, come si fa? -
- Senti si hai paura ... va' ne' tossici e t'accatti, pecchè se no a fotti tu ta fottono essi.. e che i to soldi se comprano a robba .. a capì? -

Affranto decisi d’andare a letto.


Fine Parte 1