Affondo le radici del mio male nei miei più bassi istinti, sopravvivo alle intemperie della mia coscienza nascosto nel totale disprezzo per la comunità in cui vivo, partecipo del porcile che mi circonda senza farmi problemi a pisciare sul cancello del vicino, scorazzo allegramente tra le mille puffette del bosco magico dei coglioni, a specchio rifletto sull/l’imbarazzo del mio vicino vestito e truccato in perfetta somiglianza col cartone televisivo che tanto lo esalata e di fonte a me non capisce perché resto impassibile alla sua bellezza, si rattrista forse perché non ha le luci sistemate attorno da qualche tecnico che lo farebbero sembrare-sentire meglio, non sono estraneo a questa colata di colori, mica ne sono inviolato solo perché non mi interessa, è vero, non porto collane d’oro e non mi trucco la mattina ne curo l’abbinamento di ciò che indosso, ma questo non mi rende diverso, sto dentro ad un fungo anche io, solo che magari il mio è diverso per alcuni, ed anche fosse diverso per tutti resterebbe comunque un fungo in cui abitare, razzolo nei vicoli pieni di monnezza, fiuto, ma con la vista, come un cane alla ricerca di qualche padrone che mi dia da mangiare, meglio se vestito bene, dovrebbe avere più soldi, e quindi può comprare più felicità degli altri, nascosto dietro un sorriso produco veleno, nel silenzio elaboro le mie invettive, negli occhi spenti dalla noia preservo l’odio raccolto giorno dopo giorno, cerco di non pestare la merda per terra sperando che sia qualcun altro a portarsela a casa togliendomela dalle palle, mi spezzo i polsi in una stretta forzata per non far chiudere le dita tra i denti dell’idiota di turno che mi tormenta con le sue considerazioni prive di senso, alla fine penserò alla mia viltà riparata dentro al buco che difendo a costo della vita stessa, e solo io saprò che nel mio vivere avrò confessato che l’errore me lo portavo dentro da quando ho imparato che c’era qualcosa di giusto, e che questo qualcosa di giusto non l’ho appreso da questa terra in cui vivo, ma da qualche bastardo che ha pensato bene che il nero è male e il bianco è bene, che una si e due no, che se te lo do io va bene se te lo prendi non vale, che di giorno fai lo schiavo e di notte lo stronzo ed è cosa buona, ma peggio di tutto che non c’è altra forma di bene al di fuori di quella che t’hanno scritto sull’etichetta quando sei nato.Puffo cittadino @Writer:Fad
Affondo le radici del mio male nei miei più bassi istinti, sopravvivo alle intemperie della mia coscienza nascosto nel totale disprezzo per la comunità in cui vivo, partecipo del porcile che mi circonda senza farmi problemi a pisciare sul cancello del vicino, scorazzo allegramente tra le mille puffette del bosco magico dei coglioni, a specchio rifletto sull/l’imbarazzo del mio vicino vestito e truccato in perfetta somiglianza col cartone televisivo che tanto lo esalata e di fonte a me non capisce perché resto impassibile alla sua bellezza, si rattrista forse perché non ha le luci sistemate attorno da qualche tecnico che lo farebbero sembrare-sentire meglio, non sono estraneo a questa colata di colori, mica ne sono inviolato solo perché non mi interessa, è vero, non porto collane d’oro e non mi trucco la mattina ne curo l’abbinamento di ciò che indosso, ma questo non mi rende diverso, sto dentro ad un fungo anche io, solo che magari il mio è diverso per alcuni, ed anche fosse diverso per tutti resterebbe comunque un fungo in cui abitare, razzolo nei vicoli pieni di monnezza, fiuto, ma con la vista, come un cane alla ricerca di qualche padrone che mi dia da mangiare, meglio se vestito bene, dovrebbe avere più soldi, e quindi può comprare più felicità degli altri, nascosto dietro un sorriso produco veleno, nel silenzio elaboro le mie invettive, negli occhi spenti dalla noia preservo l’odio raccolto giorno dopo giorno, cerco di non pestare la merda per terra sperando che sia qualcun altro a portarsela a casa togliendomela dalle palle, mi spezzo i polsi in una stretta forzata per non far chiudere le dita tra i denti dell’idiota di turno che mi tormenta con le sue considerazioni prive di senso, alla fine penserò alla mia viltà riparata dentro al buco che difendo a costo della vita stessa, e solo io saprò che nel mio vivere avrò confessato che l’errore me lo portavo dentro da quando ho imparato che c’era qualcosa di giusto, e che questo qualcosa di giusto non l’ho appreso da questa terra in cui vivo, ma da qualche bastardo che ha pensato bene che il nero è male e il bianco è bene, che una si e due no, che se te lo do io va bene se te lo prendi non vale, che di giorno fai lo schiavo e di notte lo stronzo ed è cosa buona, ma peggio di tutto che non c’è altra forma di bene al di fuori di quella che t’hanno scritto sull’etichetta quando sei nato.
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questo frame è protetto da copywrite:D
RispondiEliminabelle cose:D
Ti stavo aspettando.. :D
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