La porta della cella si chiuse con un colpo secco alle spalle di Rubasciov.
Egli restò appoggiato con le spalle alla porta per qualche secondo, e accese una sigaretta. Sul lettuccio alla sua destra c'erano due coperte pulite e il pagliericcio era stato rinnovato di fresco. Il lavandino alla sua sinistra non aveva tappo, ma il foro di scarico funzionava. Il bugliolo accanto era stato appena disinfettato e non puzzava. Le pareti su ambo i lati erano di solidi mattoni, il che avrebbe attutito il suono di qualsiasi colpo contro il muro, ma là dove il tubo del riscaldamento e quello di scarico lo attraversavano, era stata data una mano di calce e in quel punto risuonava sonoro; inoltre lo stesso tubo del riscaldamento sembrava un buon conduttore del suono. La finestra aveva inizio all'altezza dell'occhio, cosi che si poteva guardare nel cortile senza doversi sollevare sospendendosi alle sbarre dell'inferriata. In questo campo tutto era a posto.
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Rubasciov sbadigliò, si tolse la giacchetta e, arrotolatala, la pose sul pagliericcio a mo' di guanciale. Poi guardò nel cortile. La neve aveva uno scintillIo giallastro alla doppia luce della luna e delle lampade elettriche. Intorno al cortile lungo i muri, era stato aperto nella neve un angusto passaggio per la passeggiata quotidiana. L'alba non era ancora sorta; le stelle brillavano ancora lucenti e gelide, nonostante le lampade. Sul bastione del muro esterno, che si levava proprio davanti alla cella di Rubasciov, un soldato col moschetto abbassato andava avanti e indietro; batteva gli scarponi ad ogni passo come se si fosse trovato a sfilare in parata. Ogni tanto la luce giallastra delle lampade lampeggiava sulla sua baionetta.
Rubasciov si tolse le scarpe, sempre davanti alla finestra. Fini la sigaretta, ne buttò il mozzicone per terra ai piedi del suo lettuccio, e rimase seduto sul pagliericcio per alcuni minuti. Quindi tornò ancora alla finestra. Il cortile era immerso nella pace più profonda; la sentinella proprio in quell'istante si voltava per ritornare sui suoi passi; sopra la torretta della mitragliatrice il prigioniero vide una striscia della Via Lattea.
Rubasciov si coricò sul giaciglio, avvolgendosi nella prima coperta. Erano le cinque ed era improbabile che qualcuno là dentro si alzasse, d'inverno, prima delle sette. Egli aveva un gran sonno e, riflettendoci, giunse alla conclusione che ben difficilmente avrebbero cominciato a interrogarlo prima di tre o quattro giorni. Si tolse gli occhiali, li depose sui mattoni del pavimento presso il mozzicone di sigaretta, sorrise e chiuse gli occhi. Si sentiva avvolto nel caldo abbraccio della coperta, si sentiva protetto; per la prima volta dopo molti mesi non aveva più paura dei suoi sogni.
Quando, pochi minuti più tardi, il secondino spense dall'esterno la luce e guardò attraverso lo spioncino nella cella, Rubasciov, ex commissario del Popolo, dormiva, le spalle volte alla parete, il capo sul braccio sinistro, teso rigidamente fuor della branda; solo la mano all'estremità di quel braccio pendeva molle e contratta nel sonno. Buio a mezzogiorno. cap.1
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